2019: Namibia

Immagine di copertina

21, 22 luglio

Giampietro fino a Udine e flixbus per l'aeroporto in perfetto orario e così i due voli. Giovanni entusiasta del cibo a bordo. Cambio a Doha un po' frenetico perchè l'aeroporto è enorme e per passare da un terminal all'altro c'è il trenino. Io ho dormito poco, Stefania di meno perchè aveva una testa di bambino per coscia.
Aeroporto di Windhoek nel nulla, in una pianura stepposa. Compro una sim per utilizzarla qui, prendo un adattatore per l'elettricità e un simpatico signore di colore dell'agenzia che ci affitta l'auto ci accompagna fino al nostro appartamento. Un appartamentino sulla collina da cui si vede tutta la città dall'alto. Ci dicono di prestare attenzione perchè non è così sicura la città, specialmente la sera. Siamo cotti e usciamo a fare una passeggiata per le 3 dopo aver mangiato un paninetto in appartamento. Il centro è carino, andiamo a vedere il museo Olewa sulle tribù della Namibia e sugli aspetti naturalistici, vediamo la Cristuskirche e il museo dell'indipendenza della Namibia, modernissima torre a più piani inaugurata nel 2014 (la Namibia è indipendente solo daò 1990, prima era protettorato sudafricano). Terminiamo la passeggiata in un centro commerciale dato che qui chiude tutto presto, anche alle 17. Ceniamo in un pub in una via pedonale con hamburger patatine e bistecca con Filippo e Giovanni che si lamentano per il troppo piccante ma si saziano lo stesso. Torniamo in appartamento con un po' di attenzione come ci dicevano ma non c'è nessuno in giro e sono le 8 e mezza di sera.
L'appartamento è molto bello, soggiorno grande camera e bagno e Giovanni dorme con me e Filippo con Stefania.

23 luglio

La mattina ci vengono a prendere e ci portano ad affittare l'auto. E' un macchinone Toyota ikux double cab 4x4 di oltr 5 metri con un enorme portabagagli e le due tende sul tetto. Ci spiegano per filo e per segno tutto il funzionamento di auto e di tutto il resto. Abbiamo l'equipaggiamento completo da camping con tavoli, sedie, fornelli eccetera. Ci si ferma a fare una spesa per quello che ci servirà in un grande centro commerciale alla periferia sud e poi si va a vedere il parco a ovest di Windhoek. Il parco, completamente recintato, si trova su semiaride colline che sembrano poco attraenti, ma al suo interno vivono moltissimi animali. A differenza del famosissimo Etosha qua è possibile passeggiare per l'assenza di felini predatori e di animali pericolosi per l'uomo. Facciamo un percorso in auto su sterrato che non si fa se non si ha una 4x4. Poi facciamo un percorso a piedi nel letto asciutto di un fiume. Vediamo giraffe (da lontano con Giovanni che non so come la ha scorte, bravissimo, uno gnu, delle antilopi di cui non sappiamo il nome, uccelli di vario tipo, branchi di facoceri, un enorme branco di struzzi e innumerevoli babbuini. Ma proprio tanti. Ci fermiamo ad osservarli con i loro piccoli sulle rive di un laghetto. I bambini sono entusiasti degli animali.
La sera andiamo a montare le tende al camping Ondekaremba. Abbiamo una enorme piazzola con luce, acqua, spazio per cucinare, tavoli eccetera. Perdiamo un po' di tempo a trovare il posto dove parcheggiare per evitare che aprendo la tenda finisca tra i rami degli alberi spinosi che predominano qui nel deserto. Poi montiamo le tende e siamo un po' imbranati ma miglioreremo. Ci facciamo una bellissima passeggiata nel parco del campeggio che sarà grande 3x4 km e aspettiamo il tramonto in cima a una torre di osservazione. I panorami del bush (steppa semiarida con molti cespugli e pochi alberi) è molto diverso dai nostri panorami. Il colore che predomina è il giallo ocra e il rosso. Tornando cerchiamo di sbrigarci perchè fa veramente buio presto, dalle 6.30 del tramonto alle 7 è già notte. Preparo una pastasciutta con il pomodoro e inizia a fare molto freddo. Non riusciamo ad aprire il prtellone posteriore dell'auto e chiamiamo l'agenzia. Ci dicono di ripassare da loro l'indomani, tanto domani si ripassa da Windhoek. 

24 luglio

Fa sempre più freddo e la notte scende ben sotto i dodici gradi delle previsioni, probabilmente 4 o 5 gradi e la notte Filippo ha freddo e lo faccio intrufolare nel mio sacco a pelo. Lui non ha più freddo ma io sono bloccato. La mattina non vedo l'ora di alzarmi. Mi alzo alle 7 e vedo l'alba mentre gli altri sono ancora nelle tende sul tetto dell'auto. Preparo la colazione. Mangiamo cercando di scongelarci con del tè caldo e biscotti. Io sono incriccato a causa della posizione con Filippo e del freddo e guiderò tutta la giornata con il mal di schiena. Passiamo da Windhoek dove ci spiegano che siamo dei polli a non saper aprire il protabagagli. Si riparte, oggi è molto lunga. Prima pausa a Mariental a ora di pranzo. Paesaggio monotono, dopo le basse montagne a sud di Windhoek si apre una steppa infinita e mano a mano che si va a sud diventa sempre più arida. A Mariental invece c'è irrigazione per una diga vicina e c'è qualche coltivazione e qualche allevamento. Mangiamo nell'unico posto dove fanno qualcosa delle tortine di pane ripiene di carne macinata. I bambini Wurstel e patatine. E' un piccolo panificio con cucina, qui non sanno cosa vuol dire cenare o pranzare al ristorante, semplicemente non ce ne sono nonostante la cittadina sia grande. Il paesaggio continua monotono tutto il pomeriggio, la strada è stretta a due corsie ma asfaltata, non c'è traffico ma il rischio è distrarsi nell'unico momento ogni tanto in cui passa qualcuno in senso contrario o se qualcuno ti soprpassa senza che te ne sia accorto. Il 90% degli incidenti in Namibia coinvolge un solo veicolo, dunque non bisogna distrarsi. Ci sono ogni tanto delle piccole aree di sosta per picnic con tavolino e sedie. I cartelli chilometrici vanno di dieci km in dieci km. Dopo la grande cittadina di Keetmanshop alle 4 del pomeriggio, dove abbiamo fatto il pieno, il paesaggio diventa divertente per l'attraversamento di un gruppo di montagne dai colori rossi del tramonto. Arriviamo alla White house guesthouse con uno sterrato di 5 km poco prima di Grunau. Il posto è magico, nel nulla una bellissima casa bianca con alcune casette intorno. Steppa e montagne rosa in lontananza. Cactus e pietre rosse e un piccolo labirinto in pietre bianche. Abbiamo una bella camera e una bella doccia calda. Penso sarà la migliore sistemazione di tutto il viaggio. Meno male perchè stanotte qui nel sud era andata la temperatura sottozero, non so come faremo domani che dovremo dormire in campeggio qui vicino. La cena compresa nel prezzo è strepitosa con sformati di carne di antilope e pollo, purè, frittata con spinaci, insalata e un meraviglioso dolce caldo di mele e cocco. La cena ce l'hanno portata nella nostra casetta insieme alla colazione di domani e siamo a 3 km dalla reception, giusto per dare un'idea delle distanze da queste parti. La sera i bambini si vedono un film e noi una puntata di una serie tv. Domani mattina andiamo a vedere il Fish River Canyon.

25 luglio

Partiamo dalla White House dopo una ottima colazione, tutto quello che è avanzato di cena e colazione ce lo portiamo dietro, servirà. Ci fermiamo a Grunau a sgonfiare i pneumatici: per andare su sterrato i pneumatici devono essere un po' più sgonfi e noi andremo per due settimane trovando poco asfalto. Dopo Grunau inizia lo sterrato e dopo un centinaio di chilometri di sterrato in una strada paesaggisticamente interessante, tra rocce stranissime di granito smussato, arriviamo all'ingresso del parco naturale. Dopo aver pagato al gate il biglietto d'ingresso (tutti gli impiegati ai gate sono gentilissimi e chiacchierano sempre un po' prima di passare al biglietto) entriamo nella zona del parco in cui andiamo a vedere numerosi punti panoramici. Uno di questi ha degli interessanti pannelli esplicativi che ci spiegano che il Fish River Canyon è lungo 170 km con tantissime anse. Il canyon è a due livelli, e quello superiore ha l'età di 2 miliardi di anni. Il canyon è immenso e lunghissimo e nono lo si riesce a vedere tutto. E' possibile un trekking di 80 km, 5 giorni e 4 notti, che porta dai nostri punti panoramici fino alla fine del canyon ad Ai-Ais, dove noi pernotteremo stasera ma non ci andiamo a piedi ma in macchina. Ci fermiamo a mangiare un panino in uno dei punti panoramici a sud, proprio di fronte a una profondissima ansa oltre 300 metri di dislivello sotto di noi. Si riparte per Ai-Ais. Risaliamo tra rocce per alcuni chilometri per poi scendere in fondo alla valle dove si apre l'oasi di Ai-Ais, resort gestito dal NWR, l'ente nazionale delle riserve naturali della Namibia. Il resort è una oasi con acqua termale, camping, bungalow e hotel. Si trova in una stretta valle tra pareti rocciose nere-rosse ed è bellissimo con erba, palme, strani alberi dalla corteccia verde e una bellissima piscina con acqua calda dove io e i bambini ci siamo fatti il bagno. La sera abbiamo cenato in camping i cibi scaldati del giorno prima. La temperatira è decente, non serve il piumino per cenare ma basta il pile, saranno 15-18 gradi. Ci vediamo un film e poi nanna. La notte va via tranquilla, non fa tanto freddo e dormiamo proprio bene, e a me passa il mal di schiena.

26 luglio

Giornata di trasferimento. Dopo la colazione smontiamo le tende (è un lavorone, al termine sono un bagno di sudore) e partiamo. Scendiamo per paesaggi desertici sempre vari tra montagne e rocce fino all'Orange River, grande fiume che segna il confine con il Sudafrica. Lo costeggiamo a lungo, talvolta in un canyon talvolta in una ampia valle, tra scorci di acqua (che finora acqua non ne avevamo mai vista). Lungo le rive e lungo la strada incrociamo babbuini e vediamo anche una scimmia grigia che deve essere di un'altra specie. Incrociamo il Fish River (quello del canyon che è un affluente dell'Orange) e dopo mezzogiorno arriviamo finalmente a Rosh Pinah, città mineraria con un centro carino e piena di vita, dove vediamo tutti i ragazzi che escono da scuola nelle loro divise d'ordinanza per andare a casa per pranzo. Ci fermiamo a mangiare in centro nell'unico ristorante della città dove ci servono panini, sandwich, patatine e insalatona e dopo la pausa ripartiamo. Il paesaggio cambia e nei 150 km che seguono attraversiamo un piatto deserto o in lieve pendenza di sabbia rossa e sassi con lontanissime montagne a una cinquantina di km sia a destra che a sinistra. In questo rettilineo infinito senza nulla per 150 km incrociamo, nell'ordine, uno che cammina a piedi con le racchette da trekking!?, uno con la bicicletta bassa che pedala disteso seguito da un camion di appoggio!? E questi due sono vestiti stile tecnico, avventura di attraversamento del deserto, immagino. Infine incrociamo uno in bicicletta che si sta portando tutto dietro per il viaggio, sacche eccetera!!! in mezzo a 150 km di deserto assolato. Mah.
Dopo il bivio abbiamo altri 120 km di deserto dove incontriamo i cavalli del deserto che vivono liberi. Ci avviciniamo all'oceano e arriviamo a Luderitz, cittadina fondata dai tedeschi. Ci sistemiamo nel miniappartamento che abbiamo affittato e poi andiamo a fare una passeggiata per la città. Visitiamo in particolare la chiesa con delle bellissime vetrate che al tramonto regalano la luce migliore, poi i bambini si divertono ad arrampicare sulle rocce intorno. Passeggiamo fino al porto e andiamo a cenare in un pub stile inglese dall'arredamento originale.

27 luglio

La mattina si va a Kolmanskop, città mineraria fantasma. Utilizzata fino all'esaurimento della vena diamantifera e poi abbandonata. Siamo ai margini della zona mineraria dall'accesso vietato, una zona che sarà grande come il norditalia di deserto con all'interno solo sorvegliatissimi villaggi minerari a cui non si può accedere, le guardie sparano a vista. La cittadina ha un aspetto stranissimo, con il tempo le dune si sono impossessate delle case e sono entrate nelle sale. Era una grande cittadina con scuola, ospedale, case, treno, negozi. Oggi è visitabile solo le mattine con visita guidata e la guida ci racconta in inglese la storia della cittadina e l'utilizzo dei vari edifici, dalla fabbrica di ghiaccio alla centrale elettrica al trenino per portare a tutti tutti i giorni acqua e ghiaccio per tenere al freddo il “frigorifero”. Il negozietto di souvenir ha delle robe proprio belle e ne approfittiamo per fare un po' di spese.
Andiamo a fare la spesa al supermarket, che probabilmente chiude la mattina per riaprire lunedì, infatti c'è un affollamento terrificante e solo per comprare quattro cose perdiamo un'ora dalla fila che c'è per pagare. Del resto nei prossimi due giorni siamo in campeggio dunque dobbiamo ben comprarci qualcosa da mangiare. Andiamo poi a capo Diaz, dove il navigatore portoghese Diaz proveniente dal Sudafrica ha piantato una famosa croce. Tra faro e scogliere e onde paurose provenienti dall'oceano passiamo un'oretta e mangiamo qualche cracker perchè tra una cosa e l'altra abbiamo saltato l'ora di pranzo e a capo Diaz non c'è più il bar che era segnalato nella guida. Vediamo dei fenicotteri rosa, sterne e cormorani. Torniamo a Luderitz per fare merenda in un bel bae della città dove prendo un caffè della Ruanda, waffel e torte. Andiamo poi a visitare la Goerke House, una residenza della città ancora arredata allo stile di inizio secolo scorso, dove abitava un personaggio importante nel periodo della dominazione tedesca.
Fine della giornata, i bambini scrivono il resoconto e mangiamo nel miniappartamento.
Alla prossima.

28 luglio

La mattina dopo colazione lasciamo l'appartamento di Luderitz e andiamo verso nord. Il viaggio è lungo, dobbiamo raggiungere Sesriem prima di sera. A Luderitz c'è una nebbia terrificante, non si vede niente. Uscendo dalla città entriamo nel deserto e c'è tanta di quella nebbia per una quarantina di chilometri che sono costretto ad andare molto piano. Dopo oltre un'ora si passa per la cittadina di Aus e si punta a nord. L'unica pausa la faremo a pranzo per fare benzina e mangiare qualcosa. C'è un distributore di benzina in una località di nome Betta nella quale c'è anche la possibilità di mangiare qualcosa, per il resto è solo deserto. Termitai, orici, mulinelli d'aria. Si attraversano grandi pianura contornate da montagne. La strada sterrata è buona e si procede con un buon ritmo. A Betta c'è un bel bar e mangiamo qualcosa, un bel quiver tree, piante grasse e auto scassate da fotografare e poi si riparte. Betta è stata una piacevole oasi. La strada procede sconfinata, orici, springbok, poi diventa veramente brutta e gli ultimi 40 km si balla su e giù per le buche. Incontriamo alcune auto che hanno bucato, ma per fortuna a noi non è successo nulla. Meno male. Arriviamo a Sesriem, una delle due località turistiche più importanti della Namibia, dove non ci sono abitanti ma solo campeggi e resrot. Non è un paese ma solo un insediamento umano. Siamo in tempo per un paio doi visite prima del tramonto. Andiamo a vedere il canyon di Sesriem, 4 km a sud dell'insediamento e lo risaliamo fino a una pozza d'acqua. Poi decidiamo di andare al tramonto alla duna Elim, 5 km a nord del campeggio. Risaliamo la duna invasa in parte dalla vegetazione e a metà salita, dopo circa 30 minuti, incontriamo degli italiani, Marco e Daniela con la figlia Gioia di 10 anni. Marco aspetta, Gioia vede i nostri due bimbi e decide di proseguire verso la cima con noi. La salita è ripida e si fatica ma i bambini sulla sabbia rossa non capiscono più niente. Arriviamo in cima poco prima del tramonto, altri sono in cima come noi. Scendiamo per non fare tardi, alle 7 e mezza chiude il gate per entrare a Sesriem. Ci diamo appuntamento con gli italiani a cena perché Giovanni e Gioia hanno fatto amicizia. Preparo una pastasciutta con pomodori e olive per tutti e loro se la godono particolarmente perché sono alla fine della vacanza, tornano tra pochi giorni in Italia. Decidiamo di stare insieme anche il giorno dopo. Il programma prevede partenza alle 6.45, un'ora prima dell'alba, così andiamo a dormire in macchina perché smontare le tende è troppo lavoro e non ce la faremmo in tempo.

29 luglio

La giornata di oggi è interamente dedicata alla visita del deserto di dune. Alle 6.45 passiamo il gate in colonna, appena apre. Una colonna di auto traversa il deserto nel buio. Con le prime luci scopriamo che la strada (unica strada asfaltata del centro della Namibia) scorre solitaria in una piatta valle contornata sia a destra che a sinistra da altissime dune, che salgono fino a oltre 200 metri di quota. Sono delle montagne che alo schiarire del sole mostrano la loro natura, rosse da una parte e nere dal lato in ombra. E' una giornata nella quale le fotografie non si riusciranno a contare. Alla fine della strada asfaltata, dopo 60 km, inizia il tratto su pista di sabbia. Il giorno prima avevo sgonfiato i pneumatici per affrontare la pista. Io non ho mai guidato su sabbia, Stefania avrebbe preferito pagare il servizio navetta, ma quando mai mi capita più di guidare su una pista di sabbia. Ma se rimaniamo bloccati chi la sente Stefania? Ingrano il 4x4 e seguo a distanza la macchina davanti. Le ruote entrano nella pista di una ventina di centimetri, velocità costante. Una macchina è insabbiata. Un'altra due auto davanti a me si blocca. Mi fermo dove si può e scendo con altri a spingerla ma non riusciamo a farla ripartire. Serve sicuramente la pala per levare la sabbia da sotto l'auto. Riparto e senza troppe difficoltà arrivo al parcheggio sud di Sossusvlei. C'è una nebbia incredibile e non si vede una mazza. Iniziamo la passeggiata verso sud in un paesaggio spettrale, vogliamo andare a vedere il lago secco di Dead Vlei. Stefania dice chi ce l'ha fatto fare di svegliarsi così presto per vedere nebbia e rischiare di restare insabbiati (infatti dobbiamo ancora tornare per la stessa strada!). C'è così freddo che neanche ci fermiamo a fare colazione, meglio camminare per scaldarsi. Arriviamo alla duna a est di Dead Vlei e iniziamo a scalarla. Sono circa 150 metri di dislivello che i bambini fanno felici (sia perché camminano sulla sabbia che perché in salita si scaldano). Ancora nebbione ma vediamo sotto a destra la pianura bianca del lago secco di Dead Vlei, con scheletri di alberi neri che con la nebbia conferiscono al paesaggio un'aria spettrale. Decidiamo di andare giù per la pendenza incredibile del versante a capofitto verso il basso e in 5 divertentissimi minuti siamo già giù. Mentre io faccio delle fantastiche foto a Dead Vlei (e mi levo mezzo chilo di sabbia dalle scarpe) i bambini continuano a salire e a scendere sul ripido pendio. Quando Giovanni è a metà salita vede Gioia con i genitori in cima alla duna allora si rifà tutta la salita fino in cima e poi si butta a capofitto con loro. Avevamo appuntamento alle 10 e mezza con loro al parcheggio dove finiva la strada asfaltata ma li abbiamo incontrati prima. Loro non potevano arrivare con la loro auto fino a Sossusvlei perché non avevano la 4x4 e erano arrivati con il sevizio navetta (che ci dicono che correva troppo e saltava sulle dune). Continuiamo insieme la passeggiata e torniamo al parcheggio mentre finalmente il sole rompe la nebbia. Mangiamo qualcosa che finalmente facciamo colazione e mi concentro per il ritorno. La strada è peggiore che all'andata e per quasi 3 km non posso fermarmi perché non ripartirei. L'auto davanti va troppo piano e rischio di insabbiarmi, finalmente l'auto davanti accosta. Sono concentratissimo e in una salitina dico all'auto forza che ce la fai. Arrivo al parcheggio 2x4 e vediamo subito Marco, Daniela e Gioia che ci salutano. Stefania finalmente sorride. Io ho una botta di adrenalina che mi calmo dopo una ventina di minuti, la guida su sabbia è veramente impegnativa ed emozionante. Andiamo dal parcheggio 2x4 a vedere Hidden Vlei, sono circa 2km a piedi in piano tra dune per trovare questo lago seccon nascosto, bianco tra dune rosse. Degli orici ci passano a venti metri. Foto foto foto. I bambini seguono percorsi alternativi tra la sabbia, seguendo i crinali delle dune. Anche Filippo, ritornando, fa l'esploratore. Al ritorno al parcheggio mangiamo di nuovo insieme con gli italiani mettendo in comune quello che abbiamo, in un tavolo di pietra per picnic sotto un grande albero. Daniela è infermiera e istruttrice di yoga, Marco è nella polizia ambientale della città metropolitana di Milano, Gioia fa nuoto sincronizzato e deve frequentare la quinta elementare. Il pomeriggio andiamo a scalare la duna 45 (no, le dune non sono numerate, la 45 si chiama così perché si trova a circa 45 km da Sesriem). E' una salita lunga, saranno oltre 200 metri di dislivello lungo una cresta battuta dal vento. Ci fa compagnia un piccolissimo geco del deserto. La discesa a rotta di collo è esilarante, specialmente perché scegliamo tutti il percorso più ripido tranne Stefania fifona che torna per la via di salita. Ci diamo appuntamento a cena nel ristorante del resort dove passiamo una piacevole cena in compagnia della coppia di italiani e li salutiamo perché il giorno dopo tornano a Windhoek per il ritorno.

30 luglio

Decidiamo di visitare la mattina dopo colazione la zona del canyon di Sesriem che ci manca. La temperatura è come sempre fredda di notte e calda di giorno, con una minima di nove gradi e una massima di ventotto. L'unica sera calda è stata ad Ai-Ais, per il resto il clima è questo. Il canyon è lungo e lasciamo Sesriem verso le 12, obiettivo il Naukluft National Park dove arriviamo per pranzo. Prendiamo posto al campeggio e preparo una pastasciutta ma veniamo circondati da un branco di babbuini. Uno di questi approfitta del momento ottimale per saltare sul piano cottura a un metro da me e ci frega tutto il sacchetto col pane, con il risultato che non abbiamo più pane e il negozio più vicino è a 80 km di sterrato. Finiamo di mangiare un po' scossi per l'agguato mentre i babbuini cominciano una vera e propria guerra per il pane, tra urla, spinte e inseguimenti dall'altra parte del torrente. Il campeggio dove dormiamo è in una stretta valle del fiume Naukluft, quasi un canyon in certi punti. Andiamo alla reception e raccontare l'accaduto e ci dicono che preparano del pane per noi iin più quando lo sfornano verso le 18. Restiamo al bar a bere qualcosa e aspettiamo che ci diano il pane. Siamo venuti qui per fare l'Olive trail ma alla reception ci vietano l'accesso per Filippo, dicendoci che è troppo piccolo per il tratto attrezzato. Io in realtà sono sicuro di riuscire a farlo con lui ma loro sono irremovibili. La sera arriva vicino a noi un camion di italiani, che non so come ha fatto il camion ad arrivare al campeggio data la strada. E' una compagnia di viaggi di Firenze di cui avevo sentito parlare che organizzano viaggi a piedi e l'indomani fanno l'Olive trail. Ci dicono che se vogliamo aggregarci a loro riescono sicuramente a fare passare anche Filippo ma loro partono troppo presto. Il capo del gruppo è di Vicenza e da 25 anni fa la guida turistica in Africa con gruppi di italiani, così ci racconta alcune vicissitudini e ci da qualche consiglio. Ci racconta dei suoi 3 figli (il più piccolo ha 4 anni e avrebbe voglia di coccolare qualche bambino, così grande e grosso com'è si intenerisce e offre ai bimbi un po' di torta al cioccolato del loro gruppo di circa 16 persone). Insieme a lui c'è anche una signora mascolina bianca namibiana che mi racconta qualcosa del suo paese. La sera dopo cena sono invitato da loro a chiacchierare un po' e così mi dice che l'indomani, quando faremo il giro della parte bassa del Waterkloof trail, adatta anche ai bambini, devo tenere i bambini vicini perché i leopardi non attaccano gli adulti, e ogni tanto ci sono leopardi, e occhio anche al black mamba che in teoria potrebbe anche esserci. Ci dice che il rischio è quasi zero ma siamo in Africa ed è meglio tenere gli occhi aperti, ma la stagione è così siccitosa e gli animali così debilitati che il leopardo ha tantissimo da mangiare e mai si avvicinerebbe a insediamenti umani. Mi offre un buonissimo liquore, l'amarula, fatto di bacche del Sudafrica che a maturazione sono alcoliche e i babbuini si sbronzano di quelle bacche fino a stordirsi quando sono mature. Mi racconta anche che l'anno scorso non era riuscito a fare il trail perché per la prima volta in 25 anni c'erano stati 3 giorni di pioggia incessante di fila, cambiamenti climatici perché in Namibia d'inverno NON PIOVE. Eppure. Ci addormentiamo e ci svegliamo tra il gracidar delle rane.

31 luglio

La mattina dopo colazione (al solito al freddo con un buon tè caldo a migliorare la situazione termica) cacciamo a pietrate qualche babbuino che si avvicina troppo e smontiamo la tenda. I nostri vicini avevano lasciato il tavolo fuori e i babbuini l'hanno ribaltato cercando cibo. Dico loro che, come mi hanno detto in reception, conviene chiudere le tende sul tetto della macchina perché le scimmie, se non trovano cibo, si vendicano distruggendo le tende. Chiudere bene l'auto se no entrano e fanno disastri. Partiamo guardinghi per il percorso a piedi, con i sensi all'erta, ma incontriamo solo branchi di babbuini (bene perché se ci sono babbuini non c'è il leopardo) e una grossa cavia immobile accanto a un canneto. Guadiamo alcune volte il torrente seguendo le impronte gialle che fanno da segnavia all'andata (quelle bianche al ritorno) fino al quiver tree, alle bellissime piscine naturali dove si potrebbe fare il bagno e alla fine del corso d'acqua. Poi il sentiero sale ripido fino alla cresta ma noi torniamo indietro. E' troppo presto per restare, è solo mezzogiorno. Abbiamo prenotato ancora una notte ma decidiamo di partire prima. Non aveva senso restare qui senza fare il percorso che avevamo previsto. Ci fermiamo a pranzo in un bellissimo posto, unico insediamento umano in oltre 5 ore di auto: Solitaire, nome alquanto appropriato. E' una stazione di servizio con BAR E RISTORANTE. Un lusso infinito, pezzi di rosticceria, torta alle mele con panna e un negozietto per fare acquisti nel bel mezzo del nulla. Atmosfera da route 66, macchine e trattori distrutti sistemati a forma di arredamento urbano, aiuole di cactus e dei piccoli roditori abituati all'uomo che se scorribandano allegramente per il deserto. Lasciamo Solitaire con dispiacere e puntiamo verso Walvis Bay, dove speriamo (e troveremo posto) sia per la notte che per la seguente in una stanza di una piccola guesthouse. La strada per Walvis bay passa per pianure desertiche e steppe (struzzi) fino ad attraversare una zona mossa di colline e poi una landa deserta senza nulla scorre fino all'oceano. Walvis Bay si trova sull'atlantico, dove la notte fa freddo e la mattina anche e di giorno pure. Massima 15 gradi di giorno se ba bene. Nebbia e pioggerella. Arrivando vediamo sulla destra la duna più alta del mondo, la duna 7, alta 370 metri. Andiamo a fare la spesa in un incredibilmente nuovo centro commerciale alla pariferia est della città e poi ci cuciniamo pasta e purè in camera.

1 agosto

Colazione abbondante in camera con delle buone paste di pane con uvetta e glassa. Ci fermiamo alla duna 7 per chiedere alla ditta locale se è possibile sciare sulla duna, ma fanno solo snowboard e discesa con una specie di slittino e non hanno materiale per bambini. Accidenti. Costeggiamo verso nord una catena di colline anzi dune che dalla duna 7 a nord costeggiano la costa per oltre 30 km, in mezzo alla nebbia dell'atlantico. Poi svoltiamo a destra per andare a visitare il percorso desertico della Welvitschia drive. Lungo il percorso ci fermiamo per vedere varie cose tra cui delle piante grasse con le foglie a forma di moneta, dei resti militari tedeschi della prima guerra mondiale. Vediamo poi il più esteso campo di licheni del mondo, che ricopre intere colline a perdita d'occhio e prende l'acqua dall'umidità della nebbia dell'atlantico che solo ora ci lascia. Ci fermiamo a lungo dove una crepa nella roccia ha fatto fuoruscire della dolerite, una specie di basalto a grana grossa. La montagna, chiara, è spezzata da questa striscia verticale nera larga una decina di metri e lunga km che fa da crinale della montagna. I bambini iniziano a raccogliere belle pietre e rocce per collezionarle. La Namibia è uno dei paradisi dei geologi. Stefania è felice come una pasqua quando arriviamo a vedere, verso ora di pranzo, le Welvitschia mirabilis, piante che crescono solo nel deserto eui in Namibia. Sono degli alberi a tronco bassissimo dalle quali due foglie crescono per tutta la vita. Hanno una altezza inferiore all'agave ma sono conifere, e si allargano dal trono con le foglie che vanno verso il terreno. Raramente superano il mezzo metro di altezza ma sono larghe anche due metri. Ne vediamo tantissimi esemplari intorno alla strada. Ci fermiamo in un punto in cui due belle piante sono state contraddistinte dal simbolo del sesso maschile e femminile e al termine della strada dove troviamo la Welvitschia più grande e antica del mondo, che si stima abbia 1500 anni. Pranziamo lì in un tavolinetto area picnic tra uccellini che sperano di rosicchiare qualcosa ma scopriamo con disappunto che non mangiano né uova né pane. Vediamo in lontananza una zebra. Torniamo a Walvis bay passando per la litoranea da Swakopmund dopo aver fatto il pieno dell'auto. La litoranea è stranissima perché scorre tra 30 km di dune a ovest e l'atlantico a est. Talmente alta è l'umidità che devo usare spesso il tergicristallo. Andiamo a visitare la zona chic di Walvis bay verso la laguna e ci fermiamo ad ammirare stormi di centinaia di fenicotteri rosa a pochi metri dalla riva. Ripartiamo anzi no, la macchina non parte più. E' morta la batteria. Alcuni abitanti del luogo ci aiutano a spostare l'auto e ci prestano un telefono per chiamare la compagnia che ci ha affittato l'auto. Siamo felici dell'inconveniente perché è avvenuto in città. Non oso pensare cosa avremmo fatto nel deserto della Welvitschia drive. Nel giro di 45 minuti arriva un meccanico, ci cambia la batteria e si riparte. Vediamo la laguna a sud tra paludi e fenicotteri fino alle saline più
grandi della Namibia, poi gelato al centro commerciale e pantaloni per i bambini e una maglietta tecnica per me e cena in camera. Da domani 3 giorni a Swakopmund nel campeggio più bello della Namibia, con bagno e angolo cucina privato per ogni campeggiatore. Tutto molto bello ma la temperatura (secondo le previsioni) sarà 8 gradi di notte e 14 di giorno. Mi sa che ceneremo 3 sere in ristorante per scaldarci. Buonanotte a tutti.

2 agosto

La mattina lasciamo Walvis Bay per andare a vedere Cape Cross, famoso per la colonia di otarie che lì ha pianta stabile. La strada avrebbe dovuto essere tutta con fondo di sale, ma in gran parte è stata asfaltata. In un paio di ore di deserto infinito, costeggiando l'oceano sulla sinistra, risaliamo 150 km fino a Cape Cross incontrando solo una cittadina degna di nota: Henties Bay. Cape Cross è il luogo dove un importante navigatore portoghese ha piantato una croce che, rimossa dai tedeschi nel secolo scorso, è stata ora sostituita da una perfetta copia. Ci fermiamo prima della visita a mangiare un panino dentro l'auto: fuori è vento e freddo nonostante il sole abbia sconfitto temporaneamente l'umidità del mare. A Cape Cross vive una colonia di otarie molto numerosa: 100000 individui circa. Come consigliato dalle guide ci copriamo la bocca perché 100000 cacche di otarie puzzano in una maniera terrificante. L'impatto visivo è impressionante. Ci sono otarie nel parcheggio, ai bordi dei percorsi pedonali, a perdita d'occhio sulle scogliere e nelle acque. Ci soffermiamo a lungo a vedere le dinamiche di questi animali dall'indole solitaria ma costretti, per facilità di accoppiamento, a vivere in colonie. Ci sono liti, scaramucce, urla e lotte. Tutto molto rumoroso e noi siamo bellamente ignorati. Uno sciacallo si aggira all'interno della colonia e le otarie si allontanano ma non rischiano nulla: i piccoli sono ormai troppo grandi per essere prede, il periodo migliore per la caccia degli sciacalli è in dicembre/gennaio dopo la nascita dei piccoli. Al termine torniamo con alcune pausette, la prima per comprare in alcune bancarelle dei cristalli di sale (ci sono nei dintorni enormi saline), poi a Henties Bay, località di villeggiatura abbastanza alla moda, per fare merenda. Infine nei pressi di un relitto affondato a un centinaio di metri dalla riva. Al parcheggio delle ossa di otaria sono state sistemate per sembrare uno scheletro umano. Compriamo alcuni minerali da alcuni venditori ambulanti. Il campeggio di Swakopmund è assolutamente strepitoso: abbiamo un portico, lo spazio per cucinare e il bagno privato per ogni piazzola, e in 10 minuti a piedi siamo in centro. La cena, dopo una gratificante doccia, la facciamo in un ristorante con cucina di un certo livello, il Kucki's Pub. Qui i prezzi sono da pizzeria e la cena è da ristorante. Potrei abituarmici.

3 agosto

Oggi, a piedi, giornata dedicata alla visita della bellissima cittadina di Swakopmund, la località balneare più alla moda della Namibia, ma ora è inverno e al mare non c'è nessuno. E' sabato e visitiamo i musei. Prima andiamo a vedere il museo dei minerali, la Kristall Gallery, con all'interno il pezzo di quarzo più grande del mondo, una montagna di circa 10 tonnellate. Geodi, pietre preziose in esposizione e minerali di vario genere, quasi tutto ritrovato in Namibia. All'interno ci sono due gioiellerie e un negozio. Mi piace la Pietersite, minerale che esiste solo in Namibia e ne prendo alcuni sassetti. A seguire andiamo a vedere la casa degli animali del deserto, con scorpioni, lucertoloni e terribili serpenti velenosi. Abbiamo la “fortuna”, se lo è, di vedere il momento della pappa. I signori del museo lanciano topolini vivi dentro le teche e i serpenti e l'iguana si pappano in tutta fretta il malcapitato in un solo boccone. Niente a che vedere con il pitone albino che sorprendiamo fuori della teca, in giardino, intento a ingoiare un intero coniglio. Nell'ora che siamo stati dentro al museo è riuscito ad arrivare alle orecchie. Stefania è prudentemente rimasta fuori dal museo a farsi una passeggiata mentre i bambini, impazziti, saltano da una teca all'altra. Al pranzo andiamo a mangiare sul ristorante sul mare, al termine del pontile in mezzo all'oceano, il Jetty 1905. Sotto di noi vediamo passare un branco di delfini che Giovanni ha per primo avvistato. Giovanni aveva trovato i delfini anche a Walvis Bay mentre aspettavamo la riparazione dell'auto, ha occhio. Il pomeriggio prima andiamo a vedere all'acquario (che espone solo pesci locali) il sommozzatore che entra nella grande vasca per dare da mangiare ai pesci, poi giriamo per la cittadina ma molti negozi sono chiusi (qui sabato pomeriggio e domenica è proprio festa anche per i negozianti). La cena la facciamo al ristorante italiano/pizzeria da Gabriele, vicentino di Valdagno con moglie Namibiana che fa una pizza che se la gioca con le migliori pizze. Incontriamo nuovamente lì la compagnia di italiani che sta facendo il tour a piedi delle zone di trekking e ci facciamo una chiacchierata anche con loro.

4 agosto

Abbiamo prenotato un giro nel deserto per vedere gli animali nel loro ambiente naturale. Il deserto sembra deserto ma in realtà ci sono parecchie specie che vivono e si nascondono lì durante il giorno per uscire di notte. L'umidità dell'atlantico arriva fino a 70 km nell'interno, quindi molti animali riescono a sopravvivere. La guida, molto brava, ci spiega delle piante e degli animali e del microclima del deserto e ci avventuriamo con un 4x4 tra le dune. Grazie all'esperienza delle nostre guide riusciamo a vedere un geco delle sabbie, che di giorno vive sottoterra. Poi una lucertola del deserto che cerca di scappare. Poi un camaleonte che allunga la lingua per parecchi centimetri per papparsi un verme per poi, felice, cambiare colore. Poi uno scarafaggio che contiene tanta acqua che gli altri animali se lo mangiano per bere. Infine un velenosissimo serpente che si nasconde sotto la sabbia e che non vedresti a 10 cm pur sapendo che è lì, e qui capiamo quanto il deserto possa essere pericoloso per uno che non lo conosce. Vediamo anche alcuni che si divertono a fare sandboarding, ossia snowboard su sabbia.I bambini si divertono quando il 4x4 sgomma sulle dune e infine torniamo in città. Pranzo veloce al fast food e poi andiamo a fare acquisti di regalini e merenda con torta in un bar della zona pedonale. Swakopmund è proprio carina ed è l'ultima possibilità di stare in una città fino al ritorno alla capitale tra quasi due settimane. Facciamo la spesa per essere un po' indipendenti nei prossimi giorni quando andremo di nuovo fuori dai paesi e non incontreremo supermercati. Torniamo in campeggio a posare la spesa e andiamo al mare dove aspettiamo il tramonto con i bambini che guardano le onde dell'oceano arrivare sugli scogli dove ci troviamo e rischiando anche di prendersi qualche schizzo. La cena è all'Altstadt, ristorante assolutamente tedesco come menu e namibiano come prezzi. Doccia e a letto che domani è lunga.

5 agosto

La mattina sveglia presto e veloce colazione. L'umidità della notte è stata micidiale: le tende sono all'esterno completamente fradicie e qualche goccia d'acqua è anche penetrata all'interno. Come sempre da quando siamo sulla costa di giorno sono circa 16 gradi e di notte si scende a 9. Ma da oggi si cambia: andiamo nell'interno e almeno durante il giorno farà caldo.
Dopo il pieno e una controllata alla pressione dei pneumatici partiamo alla volta dello Spitzkoppe. Lo Spitzkoppe è la montagna più impressionante della Namibia, la vediamo con la sua cima a punta già da 70 km di distanza ergersi dalla savana. Vi consiglio il documentario che racconta la via alpinistica di settimo grado almeno salita dal mitico Alex Honnold, trovate un fantastico documentario su youtube. Arriviamo all'ingresso del parco naturale e ci facciamo consigliare i luoghi più importanti da visitare per chi viene in giornata, per chi passa la notte all'interno del parco naturale ci sono itinerari con la guida di trekking estremamente interessanti.
Tra stranissimi sassi di granito rosso/arancione arriviamo all'estremità orientale dei Pondok, una piccola catena montuosa di massi di granito rotondi. Da lì si sale aiutandosi con una corda, accompagnati da una guida, al primo sito di disegni dei boscimani, il Bushman's paradise. Su una parete strapiombanti vediamo delle figure che ci vengono spiegate dalla guida che ci racconta anche della vita di coloro che, 4000 anni fa, hanno disegnato quelle figure umane e di animali. Filippo ha un po' paura in discesa e lo faccio scendere con imbrago e moschettoni.
Ci facciamo dei panini con salame, prosciutto e formaggio e andiamo poi a visitare il secondo sito di graffiti, che si trova sulla parete orientale dello Spitzkoppe. Lì incontriamo, per l'ultima volta, quel gruppo di italiani cui ormai siamo gemellati che sono appena tornati da una lunga giornata di trekking. Le guide del luogo ci fanno anche sentire delle frasi con gli schiocchi, sono 4 lettere impronunciabili se non da chi parla tali lingue come lingua madre. Anche qui alcuni antichi disegni raccontano la storia dell'uomo antico delle caverne e della savana. Non voglio però perdermi la parete di arrampicata di Alex Honnold, mi faccio spiegare doce si trova e andiamo con la macchina sul lato occidentale dello Spitzkoppe.
Lo Spitzkoppe è il secondo monolito più grande al mondo dopo Ayers Rock in Australia. La sua origine è magma di un vulcano. Il vulcano spento è stato poi eroso ed è rimasto solo il magma interno solidificato che è, per l'appunto, la montagna odierna. Dalla parete di arrampicata risulta evidente l'omogeneità del blocco. I colori sono magnifici, prevalentemente sul rosso nonostante il sole alto sull'orizzonte verso nord appiattisca un po' le toinalità. Vediamo numerosi animaletti che ci diranno poi sono imparentati con gli elefanti, ma in realtà sono simili a marmotte. Si aggirano tra le buche intorno ai massi rotondi e si nascondono dietro le crepe appena ci vedono arrivare. Io e Giovanni saliamo una cinquantina di metri di dislivello per vedere meglio la via di salita. Filippo rischia di scivolare su un punto facilissimo e stava per cadere in avanti (non si corre in discesa!!!), lo prendo al volo e lo salvo, si spaventa, piange e resta giù con la mamma.
Ultima tappa l'arco di roccia, su un gruppetto collinare a sud dello Spitzkoppe. Per arrivarci si passa accanto alle piazzole di campeggio che sono numerate fino al 21 e distribuire nell'intera area, in uno spazio di una decina di chilometri. Diciamo che non ci si disturba granché in campeggio tra vicini di tenda.
Purtroppo finisce la visita della giornata e ci aspettano un paio d'ore per arrivare a Uìs, dove pernotteremo due notti. Arrivando vediamo un villaggio degli Himba, ma non ci fermiamo. Il campeggio nella cittadina mineraria di Uìs è bellissimo, ci sono 5 piazzole coperte con bagno privato (ma senza soffitto, tanto non piove). Il bar del campeggio (che chiude alle 17) serve ottime torte e piatti veloci. Andiamo a prenderci una fetta di torta e ci godiamo il luogo, che è un vero e proprio museo di piante grasse. Si vede che è tenuto da un appassionato di botanica, c'è anche un vivaio di piante grasse nel tendone dietro. Stefania e Filippo godono, il cappuccino è come quello italiano, le torte buonissime, il luogo molto rilassante. Montiamo la tenda nella nostra vera e propria casetta coperta, i bambini fanno il bagno nell'acqua gelida della piscina mentre io li guardo, poi preparo una pastasciutta mentre loro giocano con la cenere del falò.

6 agosto

Ci svegliamo con gran calma e viso il luogo propizio decidiamo, per la prima volta, di fare colazione al bar. Abbiamo finora fatto sempre colazioni al freddo, ma stavolta si va dentro il bar al calduccio, per la prima volta nella vacanza. I bambini e Stefania si scatenano in colazioni all'inglese con uova, bacon e pomodoro. Ce la prendiamo comoda, oggi dobbiamo solo andare a vedere i graffiti detti della White Lady, che si trovano a una trentina di chilometri di distanza.
Arriviamo al parcheggio e paghiamo il biglietto di ingresso, che include la guida. I graffiti si trovano nella parte orientale del Brandberg, un massiccio dalla forma quasi rotonda che con i suoi 2700 e passa metri nel punto più alto risulta essere la montagna più alta della Namibia. Per arrivare ai graffiti le guide portano i gruppi su per una stretta valle. Sembra tutto deserto ma la guida ci informa che di là ci passano talvolta gli elefanti (ci sono alberi schiacciati dal loro peso), leopardi (ma di giorno fanno la nanna) e lo spitting cobra, il cobra che sputa il veleno a distanza. Noi vediamo solo quella specie strana di quasi marmotte e un fantastico lucertolone di oltre 20 centimetri tutto colorato che prende il sole su un masso. Il sole picchia forte, saranno 27 gradi ma si rischia l'insolazione. In un paio di chilometri di andata e due di ritorno finiamo tutta l'acqua (2 litri e mezzo) che ci siamo portati. Qua di notte è inverno e di giorno è estate. I disegni sono sicuramente i più belli che abbiamo visto e forse che vedremo e da oli valgono tranquillamente le due ore di escursione sotto il sole cocente. Anche le spiegazioni sul significato di tutti i disegni è molto interessante e la traduciamo man mano ai bambini. I disegni sono perfettamente conservati nonostante i più antichi abbiano 5000 anni. Torniamo all'auto che Filippo è in fase lagna e diventa insopportabile. Ogni tanto capita. La colazione era così abbondante che decidiamo di saltare il pranzo, andremo direttamente a fare merenda e poi a cena. Decidiamo di fermarci per strada in uno dei due villaggi Himba che avevamo incontrato. Qui vive una piccola tribù e chiedono, per visitare il villaggio, una specie di biglietto di ingresso. Un signore Himba sulla trentina ci fa da guida. Il villaggio è costituito da case di legno ricoperto di sterco di mucca che isola l'interno dal caldo esterno. Al centro del cerchio di casette c'è il recinto degli animali, al momento vuoto. Vicino ad esso il fuoco sacro, con il legno del mopane che brucia lentamente, che deve restare sempre acceso. Dei bambini dell'età dai 0 ai 7 anni (credo) giocano tra di loro vicino a una di queste casette circolari. Le donne Himba si colorano la pelle di ocra, utilizzano delle strane estensioni nei capelli e hanno uno strano copricapo fatto di pelle di capra e non usano reggiseno. Il ragazzo ci racconta della vita degli Himba e all'interno di una casa viene anche una ragazza Himba che avrà poco più di una ventina di anni così vediamo copricapo, vestiario e usanze del luogo. All'uscita Giovanni va a vedere i bambini che giocano tra di loro e mentre noi andiamo a vedere cosa vendono gioca con loro. Ci racconta dopo che faceva dei disegni sulla sabbia e loro lo copiavano e dava il nome alle figure. Tutti i bambini, stupiti dei capelli biondi, glieli toccavano. Noi andiamo a vedere cosa vendono e prendiamo delle semplici cosucce ma carine per fare regalini. Una signora non sta bene e le diamo un po' di tachipirina per il mal di testa. Un ragazzo ha bisogno di un passaggio e lo accompagniamo a Uìs dove torniamo per la seconda notte in campeggio. Ci fermiamo al supermercato. A parte il pane ho deciso, per una sera, di preparare la griglia. Prendiamo la carbonella, una strana specie di cerini per accenderla e due tipi di carne: macinata per gli hamburger e i Boerewors, salsiccette speziate ma non piccanti del luogo. Il supermercato, piccolino ma c'è tutto, è un miscuglio di gente di colore dagli abbigliamenti più disparati. C'è anche una donna Himba in topless e costume tradizionale a far la spesa. In campeggio, per l'ultima volta nel giardino di cactus, facciamo merenda con torte e caffè e crepe. Io patatine e birra che non c'entra niente ma mi andava così. I bambini fanno di nuovo il bagno in piscina e Giovanni non usa i sandali e si taglia l'alluce. Mi metto a preparare la griglia che verrà bene, ma per preparare le braci io che sono una pippa ci sto un bel po'. Al termine come spesso cartone animato e nanna. Domani sveglia presto che dobbiamo andare a visitare Twyfelfontein (graffiti) e il villaggio tradizionale della tribù dei Damara.

7 agosto

Cattive notizie: mi alzo alle 7 e un quarto e la ruota posteriore dietro è a terra.
Io ho dormito in macchina con Filippo per velocizzare le operazioni la mattina, dunque era proprio la mattina giusta per bucare, almeno non devo smontare due tende. La macchina ha due ruote di scorta dunque non è così importante risolvere il problema di aggiustare la ruota di scorta: basta cambiare la ruota e partire. Mi ricordo le spiegazioni alla partenza dell'agenzia di rent a car e così eseguo con calma le operazioni. Tutto a posto tranne che le ruote pesano oltre 40 kg l'una e l'operazione è oltremodo faticosa. In ogni caso alle 9 si parte e dopo due ore di paesaggi rossi di savana e granito rosa in montagnette basse riusciamo alla fine ad arrivare a Twyfelfontein. I cartelli attenzione elefanti ci illudono, non vediamo pachidermi. Vediamo però alcuni villaggi con negozietti con le donne Herero dai vestiti coloratissimi e dai grandi cappelli. Ai bordi del frequentatissimo sentierino di accesso notiamo sotto un sasso un piccolo serpente che poi scopriamo non essere velenoso. Con una guida locale andiamo ad osservare i graffiti paleolitici di oltre 5000 anni fa, che rappresentano gli animali che qui vivevano. La guida locale ci spiega tutti i significati dei graffiti e in un'ora circa, verso mezzogiorno, usciamo dal sito. Nei pressi andiamo a visitare anche organ pipes, canne d'organo, un piccolo canyon le cui parete sono formate da colonne di basalto che per un centinaio di metri ricordano le canne d'organo formando delle stranissime configurazioni. I bambini si divertono a costruire ometti. Ci spostiamo verso lo scarno paesaggio delle burnt mountains, delle colline dai colori da montagna bruciata o da colata lavica, rosso, giallo, bianco, nero, viola. Sotto un albero ci fermiamo a mangiare carne secca, pane, uova, formaggio, mele. Dopo pranzo ci dirigiamo verso il Damara living museum, sempre vicino, intorno a 10 km di distanza. Qui è stato ricostruito un villaggio della tribù dei Damara, dove la popolazione del luogo ci mostra la vita di una volta della loro tribù. Una guida locale, una signora vestita di pelli di capra essiccate, parla un ottimo inglese e così scopriamo che sui figlio, che ormai ha 17 anni, si chiama Giovanni, così ogni volta che andiamo in giro presenta Giovanni a tutti gli altri della tribù che sorridono e quasi non credono che ci sia un altro Giovanni oltre al figlio della signora. Cosa avrà portato la signora Irma a chiamare suo figlio Giovanni non si sa ma è cosa strana qui in Namibia!
Il villaggio è stato ricostruito accanto a delle impressionanti configurazioni di granito rosa/arancione che lo dominano. Prima la guida ci porta nel bush dove ci traduce ciò che una ragazza ci spiega nella lingua Damara, nella quale quattro lettere suonano come degli schiocchi ed è veramente stranissimo sentire una lingua con suoni così impossibili utilizzati come lettere. Ci vengono spiegate tutte le piante della zona e il loro utilizzo per motivi medicinali e alimentari. Un ragazzo imita la caccia di una volta mostrando come si cambi odore e ci si copra di foglie per riuscire ad avvicinarsi alle prede per colpirle con frecce avvelenate di euforbia. Nel villaggio ci mostrano l'accensione del fuoco (un uomo che non sa accendere il fuoco non poteva sposarsi perché non poteva garantire il mantenimento di una famiglia). Vediamo come fanno collane utilizzando uova di struzzo sminuzzate e formare anelli e semi che si raccolgono dalle piante della savana. Vediamo poi come lavorano il ferro e il legno per fabbricare utensili. Non mancano le belle danze tradizionali. Questo è uno dei 6 villaggi gestiti da una fondazione per non fare perdere le tradizioni delle popolazioni originarie della Namibia e, pur essendo turistico, ha l'importante scopo di tramandare anche le tradizioni delle tribù locali anche ai giovani che ormai vivono in casette più moderne. Il negozietto espone esclusivamente artigianato prodotto in loco e compriamo alcune cosette, anche i bambini comprano un elefante (Filippo) e una giraffa (Giovanni) in legno. Al termine della bella visita andiamo al campeggio che è a un paio di chilometri e son qui a bere sidro di mele.
Anche oggi niente wifi.

8 agosto

La mattina partiamo prestino e ci fermiamo ancora un attimo al villaggio Damara perché Stefania si è decisa per comprare anche un orice in legno. Dopo un'oretta circa di auto (savana) siamo alla foresta pietrificata, è la seconda volta che nella mia vita trovo un sito di questo tipo. La guida ci racconta che i tronchi hanno 250 milioni di anni e addirittura appartenevano alla Gondwana, ossia uno dei supercontinenti che si sono formati allo staccarsi della Pangea. Il tronco di conifera pietrificata più lungo è addirittura 37 metri di lunghezza. Si riparte alla volta di Outjo, l'ultima cittadina prima del parco naturale Etosha. Arriviamo per pranzo e mangiamo qualcosina in un carinissimo posto del centro, un panificio pasticceria con cucina dove mangiamo alcuni pezzi di rosticceria e un paio di fette di torta. Qui si fa anche il pieno e si compra qualcosa al supermercato perché poi si entra all'Etosha e supermercati non ce ne sono più. Da Outjo dopo pranzo ci dirigiamo verso nord, direzione Etosha, dove pernotteremo all'Eldorado Guest Farm, nella notte più costosa dell'intero viaggio. Dopo 6 giorni di campeggio abbiamo una camera. La temperatura è più caldo, stiamo andando verso l'equatore e anche se è inverno si sente che la temperatura è decisamente più piacevole, anche se l'aria è talmente secca da far paura. Non c'è più terra intorno a noi né sabbia, ma solamente polvere finissima quasi bianca che entra dappertutto, nell'auto, nei nostri pori. Ne siamo impregnati.
Appena arriviamo al nostro hotel parte alle 14.30 il giro turistico. La struttura alberghiera nella sua enorme tenuta (sicuramente più di una decina di km quadrati di savana) ospita alcuni animali che, feriti o malati nell'Etosha, sono qui ospitati in recinti enormi di centinaia di metri di lato. Ecco nell'ordine i simpatici animaletti che incontriamo:
• Ghepardi che si avvicinano felici per l'ora del pranzo. Noi siamo a bordo di un rimorchio di trattore e i due signori che ci accompagnano portano loro delle bistecchine di qualche chilo di carne. Alcuni dei 4 ghepardi si prendono la pappa e se la portano lontano, altri due restano vicino al recinto a mangiare.
• Una iena marrone che si vede che zoppica un po'.
• Tre iene maculate che non vanno tanto d'accordo e litigano un po' per il cibo.
• 4 spettacolari linci che per prendere la carne si arrampicano oltre due metri sulla recinzione e fanno dei salti per prendere la carne al volo che al confronto al baseball hanno da imparare. Anche qui qualche litigata per la carne a fauci aperte.
• 2 leoni e 1 leonessa, dall'incedere solenne mangiano pezzi di carne da 2 o 3 chili in pochi minuti.
• I più impressionanti sono 3 leopardi (che ci dicono essere i più pericolosi animali dell'Africa perché non uccidono per fame come i leoni ma solo per divertimento). Sono a pochi metri da noi e non riusciamo a vederli, non si può decisamente passeggiare per l'Etosha, una di qeste bestie potrebbe essere dietro l'angolo e non la vedi.
• 2 rinoceronti color bianco polvere (ne sono impregnati pure loro) che seguono il nostro carro a pochi centimetri.
Era importante fare questo giro perchè predatori, nell'Etosha, se ne vedono pochi. Vivono nascosti e attaccano. Per vederne uno basterebbe farsi una passeggiata a piedi ma anche no.
Subito dopo doccia che di polvere non ne possiamo più. Filippo fa un disegno bellissimo della piscina e del portico mentre Giovanni va tra i recinti degli animali da cortile, capre, pecore, conigli, galline e poi ci porta Filippo a fare la passeggiata. La cena al buffet vede Giovanni molto impegnato nel prendere di tutto di più.
Anche qui niente wifi. C'è vento dunque non prende.

9 agosto

La mattina colazione a buffet e ci riempiamo non poco. L'albergo è formato da bungalow e stanze che danno sul cortile ed è molto carino. Poi si va all'Etosha.
Il parco naturale Etosha, grande pressapoco come 2 o 3 Sicilie, ospita in libertà predatori ed ervbivori in un ambiente principalmente di savana, talvolta steppa, con un enorme lago secco che si riempie solo in caso di piogge. Gli animali si incontrano lungo le strade (sterrate) o nelle pozze d'acqua, alcune naturali o altre artificiali, nelle quali si dirigono per bere.
Ci sono nella zona che visitiamo 3 campi, che sono delle specie di carceri recintate, all'interno del quale ci sono bungalow, zona campeggi, ristoranti, bar e distributori di benzina. Al di fuori di tali campi non si può scendere dall'auto perché è sempre presente il rischio animali feroci o animali grossi che potrebbero anche uccidere. Arriviamo nel primo campo, Okaukejo, dove paghiamo alla reception la tassa per visitare il parco per 3 giorni. Ci facciamo una passeggiata (sono le 11) alla pozza. La pozza d'acqua di Okaukejo è grandissima e subito al di fuori delle recinzioni. Appena arriviamo troviamo due elefanti e numerosi springbok. Il paesaggio è idilliaco. Decidiamo di fare un giro in auto e tornare lì per pranzo. Nel giro che facciamo di alcuni chilometri vediamo molti erbivori. Tornando lì rimaniamo ad osservare la spettacolare pozza e arrivano durante il nostro panino orici, springbok, kudu, gnu, zebre, che si alternano con un ritmo lentissimo. Si avvicinano in branchi, lentamente bevono e se ne vanno. E' rimasto un elefante che poi mi dirà Stefania si arrabbia moltissimo con un altro che si sta avvicinando come se fosse il padrone dello stagno. E' molto piacevole gustare i ritmi veri della natura, tra erbivori che hanno come unica cosa da fare durante il giorno brucare, bere e non farsi pappare dai leoni.
Il pomeriggio dobbiamo andare a dormire al campo di Halali in campeggio, così studio un percorso che passi per un po' di pozze per andare a cercare gli animali.
Si fa una gara a chi vede gli animali con Giovanni che si fa decisamente prendere la mano e Filippo si arrabbia perché non ne vede. Tormentoni della giornata “springbok!” indicandolo con il dito. Notevole anche l'uscita che Giovanni ha avuto nel sonno alle 6 di mattina quando ha affermato che “a parità di altezza, c'è un leopardo”. Stefania vede da lontano un rinoceronte che si riposa in riva allo stagno.
Tra le varie pozze siamo fortunati e assistiamo ad alcune scene spettacolari:
• combattimento tra due springbok con le corna
• un assembramento impressionante in una pozza di venti-trenta elefanti che a un certo punto attraversano la strada e là si piazzano bloccando completamente il traffico. Uno spettacolo.
• 7 giraffe puntano una pozza per bere e rimangono paralizzate e bloccate. Al di là della pozza un leone (unico predatore che abbiamo visto a parte uno sciacallo) se ne sta spaparanzato ma le giraffe non si fidano. Dieci minuti bloccate e poi piano piano se ne vanno tenendosi la sete.
Ad Halali montiamo la tenda ma nella pozza al di là della recinzione non c'è niente, restiamo a vedere la pozza desolata fino al tramonto. Ceniamo a buffet e siamo no sazi di più. Dopo cena torniamo alla pozza dove sulle tribune disseminate sul versante dell'unica collina nel raggio di chilometri, oltre cento persone assistono in religioso silenzio al nulla. E' quasi ora di andare a dormire ma decidiamo di restare ancora un po' e facciamo bene. Sono le dieci quando nel silenzio assoluto vediamo spuntare dalla boscaglia un rinoceronte che lentamente si avvicina e resta alcuni minuti a bere. Nel silenzio della notte e nel silenzio del rinoceronte e delle numerose persone presenti tale presenza è quasi magica e tutti sono presi dallo spettacolo della natura. In tutto lo spettacolo notturno dura oltre dieci minuti e poi andiamo a dormire. Verso le 23.30, tutti dormono, sento provenire dalla pozza dei forti barriti. Chissà durante la notte quanti grossi animali passerebbero di lì.

10 agosto

Giornata dedicata all'Etosha. Oggi c'è vento e facciamo colazione in un polveroso campeggio con raffiche di vento. Non c'è nessun animale alla pozza di Halali e decidiamo di andare piano piano verso Namutoni visitando alcune pozze. Ne troviamo alcune che sono veramente un tripudio di animali. E' difficile spiegare la sensazione di incontrare in natura animali in libertà, e che animali. Nella pozza detta chissà perché Olifantsbad assistiamo a uno spettacolare assembramento di elefanti. Saranno una trentina o forse più e sono i padroni. Nessun altro animale si avvicina e quando decidiamo di andare via dopo 30 minuti di elefanti che bevono e si lavano non riusciamo ad allontanarci perché gli elefanti bloccano la strada. Sei o sette auto sono bloccate, noi prendiamo un'altra strada per uscire dal traffico. Attenzione, traffico elefanti, rallentamenti e ingorghi. Io sono alla ricerca di qualche predatore ma niente da fare, Stefania, bravissima, vede un rinoceronte in riva a una pozza. Per il resto zebre, giraffe, gnu, springbok, orici, kudu.
Arriviamo a Namutoni, dove staremo il pomeriggio. Alla pozza non c'è molto ma mangiamo al ristorante qualcosa e poi faremo una abbondante merenda perché non si cena. I bambini fanno il bagno in piscina, poi visitiamo il forte, ricostruzione del forte utilizzato dai tedeschi durante la prima guerra mondiale. Abbiamo prenotato una visita dalle 7 alle 10 di sera con le guide per cercare gli animali di notte. E' molto costoso ma è un'esperienza unicae possiamo farla solo con le guide perché alle 7 chiudono i cancelli del camp e nessuno può entrare né uscire.
Ci danno delle coperte per coprirci durante il giro: farà freddo dopo un poco che tramonta il sole. Durante il giro incontriamo (che finora non avevamo visto) una specie di lupo che però non è carnivoro ma insettivoro, un gufo (che di giorno non si mostra), una coppia di sciacalli (le coppie restano insieme tutta la vita e crescono insieme i piccoli). Intravediamo due giraffe, un enorme branco di zebre e gli innumerevoli springbok. Vediamo anche tre rinoceronti, due bianchi e uno nero. A giro quasi finito ci porta alla pozza Tsumcor e lì troviamo due rinoceronti che da una delle due parti della pozza d'acqua stanno bevendo. Pensavamo fosse un discreto finale di giornata quando davanti a noi, a neanche 20 metri, passano due leoni maschi. Ci ignorano totalmente e con passo solenne arrivano alla pozza, bevendo dal lato opposto dei rinoceronti. Ignorano anche i rinoceronti e dopo aver bevuto passano dietro ai due rinoceronti. Un'apparizione adrenalinica che ci risveglia dal torpore notturno.

11 agosto

Dopo la giornata di ieri siamo già soddisfatti. Dopo colazione andiamo a fare un giro per varie pozze e attraversiamo una parte del pan. L'Etosha pan è veramente infinito: più che un lago secco sembra un oceano e non se ne vede la fine, del resto è circa 70 km per 140.
In una pozza troviamo un tripudio di erbivori, sono centinaia di tutte le specie possibili, tra cui anche giraffe, struzzi, alcelafi. Di tutto di più. Nell'ultima pozza del giro (che era quella dove la notte prima avevamo visto i leoni) troviamo solo qualche orice. Sto spiegando a Stefania e ai bambini da dove erano arrivati i leoni quando da un'altra auto ci fanno cenno di guardare dietro di noi. Arriva una fila infinita di elefanti che prendono possesso della pozza d'acqua. Gli orici se ne stanno alla larga. Questi bestioni sono grossi e se si arrabbiano fanno proprio paura. Dopo una decina di minuti di spettacolo di elefanti vediamo arrivare dei cinghialetti (si chiamano facoceri e hanno le zannette in su). Un adulto e due piccolini che vorrebbero bere, ma agli elefanti non garba. Appena cercano di avvicinarsi alcuni si girano e barriscono con una cattiveria che fanno paura. I facoceri sono proprio vicino a noi al punto che ci spaventiamo anche noi. Tutte le auto, spaventate dai barriti, se ne vanno. Quando restiamo soli ce ne andiamo anche noi...
Ci fermiamo a pranzo al ristorante di Namutoni, due piatti di pesce e due insalate miste con avogado. Usciamo alla fine dall'Etosha e ci dirigiamo verso Grootfontein, dove cercheremo un posto per passare la notte. Tappa del pomeriggio a vedere il meteorite di Hoba, il più grande meteorite ferroso che sia mai caduto sulla terra. E' una bestia di qualche tonnellata che sarà un metro per due per due, ed è incredibile che sia così piccolo il craterino che lo ospita. Un vero mistero. Intorno un bellissimo giardino di piante grasse tra cui delle aloe che sembrano metà palma e metà agave. Arriviamo a Grootfontein e troviamo una camera privata nella quale alloggiare (era l'unica notte non prenotata dell'intero viaggio). Dopo una doccia decisiva (siamo impolverati che metà basta) ci facciamo una passeggiata ma qui chiude tutto alle 5 e già è tanto se troviamo dove comprare al supermercato qualcosina per poter farci dei paninetti che mangeremo in camera.

12 agosto

La giornata di oggi prevede, purtroppo, molti chilometri e una sola visita. Partiamo prima delle 8 per arrivare al villaggio dei boscimani (che nella loro lingua si chiamano san) Ju Hoansi. 60 km di asfalto e 90 di sterrato in cui incontriamo solamente una stazione di polizia, alcune persone ogni tanto ai bordi delle strade e un cancello dove controllano che non passino carni infette dal nord per difendere dalle malattie gli allevamenti della Namibia. Il paesaggio cambia, pur essendo piatto ci sono alberi più alti e palme. Quello che non mi aspettavo (avendo letto le guide) è che per arrivarci è necessario percorrere una pista di sabbia di 6 km. Metto il 4x4 e prego di non insabbiarmi. Arriviamo con un sopsiro di sollievo al parcheggio del paese, sperduto nel bush della immensa pianura del kalahari (centinaia di km) dove un ragazzo, con un sorriso genuino, mi dice che sua sorella Erna ci farà da guida. Sale in macchina con noi e ci accompagna al parcheggio del camping, dove mi insabbio e faccio difficoltà ma alla fine riesco a parcheggiare. Dei turisti in 4x4 di mezza età stanno andando via e ci dicono che i san sono persone, no, sono uomini eccezionali. Così è. Gli abitanti del paese si spostano durante il giorno in questo villaggio di una volta ricostruito per vivere la vita di una volta, quando il loro popolo era di cacciatori-raccoglitori. Sono una cinquantina e se arrivano turisti come noi ci fanno vedere le loro tradizioni, se invece non ci sono probabilmente insegnano ai bambini loro le arti di una volta. Le donne sono vestite con pelli di capra e così gli uomini, molte donne sono a seno scoperto. I bambini sono nudi. Tutti sono a piedi scalzi. Ci mostrano prima, nel bush, l'utilizzo delle piante e di come esse vengano utilizzate per mangiare, curarsi, fare suppellettili. Erna conosce l'inglese e traduce ciò che ci viene raccontato dai locali. Anche qui parlano la lingua con i click ma sono click diversi dai damara. Le persone hanno un sorriso e una gentilezza nel porsi che non si può assolutamente descrivere, solo a scriverlo ora mi vengono i brividi. Molti villaggi hanno dimenticato le loro tradizioni mentre loro riescono a portarle avanti. Tutti sono molto bassi e i lineamenti san sono inconfondibili, decisamente diversi da quelli delle altre etnie della Namibia. Due signori, uno più giovane e uno più anziano, ci insegnano le arti della caccia. Utilizzando legni e spaghi fatti tutti con piante e animali della zona costruiscono una trappola per uccellini che scatta al minimo contatto, impressionante. Ci costruiscono un arco utilizzando dei legni appena raccolti con la corda fatta di tendini di animale che vengono intrecciati. Ci fanno provare e ci spiegano come usare gli archi e ce li regalano. Proviamo a tirare con l'arco ma facciamo abbastanza schifo. Le frecce sono formate da due parti in modo che una resti dentro l'animale che morirà per il veleno messo sulla punta, ma ci dicono che non preparano più veleno perché gli europei vorrebbero comprarlo e poi rischierebbero di restarci secchi perché non sanno come manipolarlo. Una signora prepara per Filippo un braccialetto fatto di semi e pezzetti di uova di struzzo, e credetemi che è molto carino. Successivamente fanno i balli dei bambini a cui partecipa anche Giovanni. Infine ci fanno sentire delle canzoni e dei balli tradizionali. Dire che questa è stata la giornata più emozionante del viaggio è dir poco. Andiamo nel negozietto dove vendono solamente oggetti da loro prodotti che sono bellissimi e ne compriamo un bel po'. Intanto Giovanni, che non entra neanche nel negozietto, continua a giocare con i bambini del paese. Non sappiamo come ringraziarli per la mezza giornata di ospitalità. Un'esperienza veramente toccante che viene poi seguita da una adrenalinica: dobbiamo in qualche modo tornare sulla strada con 6 km di strada di sabbia. Sono preoccupato specialmente quando incrociamo un'altra auto nella strada che ha una sola corsia, ma l'altro capisce la preoccupazione e va fuori strada per farci passare. Questi san vivono a 6 km di sabbia da una strada sterrata in un villaggio nel bush. Non ci possiamo credere. Torniamo alla civiltà a Grootfontein dove facciamo benzina e ci godiamo alla grande un bel pasto in un ristorantino molto carino in centro, seguito da dolcetto e cappuccino. Il pomeriggio abbiamo 150 km di cui 120 di sterrato. Il paesaggio cambia, attraversiamo boschi di bush con alberi più alti e terra rossa, e oggi battiamo il record: 120 km di sterrato e non vediamo nemmeno una automobile. Non è decisamente il posto migliore per avere un guasto all'automobile. Molte fattorie, allevamento di mucche. Spesso attraversiamo cancelli divisori di proprietà o recinzioni degli allevamenti e Stefania scende, apre il cancello, passo e lo richiude. Arriviamo alle 5 e mezza di pomeriggio al Waterberg Wilderness, dove dormiremo due notti. Il luogo è ai margini del plateau del parco naturale Waterberg. E' una montagna piatta segnata su tutti i lati da verticali pareti di arenaria rossa in un bosco si alberi verdi. Il tramonto è coloratissimo. Il nostro campeggio si trova sotto le pareti rosse di roccia che delimita l'altipiano. Ci prepariamo una pastasciutta con tonno e pomodoro e si va a dormire. Domani ci svegliamo un po' presto per una visita guidata sulla cima del plateau.

13 agosto

La mattina abbiamo prenotato la visita guidata sul plateau, dove non si può andare senza una guida ufficiale. Il Waterberg Wilderness è una struttura alberghiera organizzata in una valle larga circa un chilometro e lunga una decina di chilometri che si incunea nel plateau. E' circondata da pareti e contrafforti di arenaria rossa verticali e, cosa strana per la zona, è completamente alberata da alberi anche alti. Sul fondo valle ci sonoo molti sentieri che si possono fare autonomamente ma la zona superiore è accessibile solo con la guida sia perché i sentieri non sono segnati bene sia per la presenza di animali (bufali, leopardi) che possono risultare pericolosi.
Il nostro campeggio si trova su un altipiano sotto le pareti rosse verticali. Ha solo 4 postazioni con tavolino, zona cucina e acqua corrente potabile, ma non c'è luce. C'è un bagno per ogni postazione con acqua calda e luce elettrica prodotte ad energia solare e ci troviamo completamente nel bosco a 1 km sia dalla reception che dal lodge in fondo alla valle. Ci dicono che c'è pericolo babbuini ma la sera prima non ne abbiamo visto, abbiamo visto però delle grossi antilopi che bevevano dalla nostra piccola piscinetta.
La guida con un altro gruppo di turisti ci porta su per il sentiero che sale dal nostro campeggio e dopo un tratto ripido in mezzo a rocce rosse siamo sul plateau. Da lì ci dirigiamo dall'altra parte del plateau e la guida ci spiega la storia della zona, le piante e gli animali presenti. Arriviamo sul precipizio dall'altra parte, che spazia sull'infinità della pianura del Kalahari, che si spinge da qui per centinaia di chilometri sia verso il Botswana che verso il Sudafrica. Un panorama spettacolare che arriva a perdita d'occhio, ammirato dall'alto dei contrafforti rocciosi su cui ci troviamo. Si prosegue poi per un sentiero zigzagante nel bush che con alcuni saliscendi ci porta in cima a una collinetta rocciosa dalla quale vediamo che il plateau è pieno di salitine e discese e da esso spiccano alcune colonne di arenaria rossa in equilibrio precario. Mentre stiamo tornando la guida vede tracce di bufalo, che è un animale pericoloso perché carica le persone, e non va tanto bene. Segue le tracce per un po' e poi torna indietro. Non vediamo il bufalo perché è nel bush, ma sentiamo dei rumori e immaginiamo che non sia a più di venti o trenta metri di distanza. La guida ci ordina di stare zitti e in silenzio procediamo fino all'inizio della discesa, dove si è al sicuro perché bufali e leopardi e iene non si avventurano in basso dal plateau. Da qui si vede tutta la valle ed è un bellissimo panorama. Alla fine della discesa vado a prendere in campeggio i caricabatterie perché da noi in campeggio non c'è corrente e devo ricaricare alcune cose tra cui la batteria della macchina fotografica. Anche qui niente wifi. Mangiamo qui un insalata greca scelta dal menu che prevede insalata greca e bevande. Il posto è delizioso e rilassante e viene voglia di restare qui. Accanto al ristorante c'è il lodge, stagni, piscine, canneti, immersi in un ambiente da favola. Il posto migliore per terminare il viaggio dato che è l'ultima cosa che visitiamo. Il pomeriggio ci facciamo una passeggiata per i sentieri che arrivano fino in fondo alla valle e molti alberi hanno la scheda che ne esplicita nome e caratteristiche. Vediamo delle antilopi piccolissime che al confronto Bambi è brutto e quando guardi i loro occhioni te le vorresti portare a casa. Ripassiamo dal lodge dove capiamo il perchè l'erbetta è perfettamente rasata: ci pensano i facoceri che festeggiano sul prato del ristorante. Torniamo in campeggio e cerchiamo per cena di finire le provviste e quasi ce la facciamo. Prima di cena inizio a mettere in ordine l'auto che dobbiamo restituire e caccio via quei disgraziati dei babbuini con urla e tirando un po' di sassi fino a che demordono e poco prima del tramonto se ne vanno. Giovanni fa il vice capobranco e caccia via un po' di babbuini anche lui. Pasta con cremina già pronte e fagioli e biete e mais in scatola. La sera ci vediamo le ultime puntate della quinta stagione di The Americans ma siamo costretti a interromperci spesso perché un grosso istrice, ma veramente grosso, viene spesso a trovarci: si è innamorato follemente della nostra spazzatura. Molte interruzioni per questa sorpresa di un animale che finora ci era sfuggito.

ultimi giorni

Obiettivo: fare colazione, pulire l'auto e andare a Windhoek. Non sarà un grande programma ma di meglio non abbiamo. Alle dieci finalmente abbiamo pulito tutto dalle tonnellate di polvere e polvere e polvere che aveva sepolto ogni cosa e siamo convinti di essere riusciti a levarne quasi il 50%. A pranzo ci fermiamo in una ottima panetteria a Okahandja che è l'unica cittadina che attraversiamo nei 300 km per arrivare alla capitale. Pochi uomini ma tanti facoceri che brucano ai lati delle strade, e vediamo anche antilopi, enormi termitai che inglobano addirittura alberi e qualche babbuino.
A Windhoek prenotiamo la cena al ristorante Marmitte, ben consigliato dalle guide e vicino all'appartamento che abbiamo prenotato e poi con qualche difficoltà riusciamo a trovare la proprietaria dell'appartamento, delizioso, che abbiamo prenotato per la notte. Sono le 5 di pomeriggio e ormai credo che sia l'ultimo resoconto. Vi aggiorno solamente per le ultime formalità: domani si parte.